La FIL si caratterizza anche per l’attenzione agli aspetti biologici e, in particolare, per l’utilizzo di tecnologie per la valutazione della malattia minima residua, cioè la persistenza di minime quantità di cellule tumorali nei soggetti in apparente remissione completa. La Commissione Studi Biologici lavora in tale ambito, interagendo con le altre Commissioni operanti in FIL.
Il dott. Simone Ferrero è un Ricercatore presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università degli Studi di Torino e la SC Ematologia dell’AOU “Città della Salute e della Scienza di Torino, il quale da inizio 2022 è Responsabile della Commissione Studi Biologici.
Per quanto riguarda la specializzazione della sua Commissione, come sta procedendo la ricerca sui linfomi?
La ricerca biologica e traslazionale, il cui scopo è di applicare le scoperte della biologia di base alla clinica al fine di portare benefici concreti per il paziente, sta procedendo molto rapidamente.
Diversi gruppi internazionali si stanno concentrando sull’identificazione di marcatori biologici (“biomarcatori”) che possano aiutarci a prevedere come si comporteranno le malattie, ma anche quanto sarà efficace o tossico un determinato farmaco su ogni singolo paziente. Stanno lavorando molto anche le case farmaceutiche in questo campo, i protocolli clinici sulle nuove molecole sono sempre più associati a studi biologici che si occupano di questi aspetti.
Un altro tema molto attuale è quello della diagnostica non invasiva, che ha lo scopo di arrivare alla diagnosi e alla caratterizzazione del linfoma senza eseguire biopsie chirurgiche (o comunque procedure invasive che possono essere complicate da eseguire e creare disagio al paziente) ma attraverso lo studio di un semplice prelievo di sangue o di urina. Su questo aspetto si stanno raggiungendo risultati interessanti.
Un’altra procedura che si cerca di evitare è quella della biopsia osteo-midollare: come Commissione Studi Biologici studiamo da tempo la malattia minima residua nel midollo e stiamo cercando di passare la tecnica sul sangue. Abbiamo visto che studiando ripetutamente il sangue o il plasma si possono avere risultati paragonabili a quelli del midollo. Anche le analisi biologiche dei pazienti potranno quindi in futuro essere svolte senza dolore.
Il terzo punto su cui si sta lavorando è la ricerca che sta alla base dello sviluppo di terapie immunologiche: queste nuove terapie stimolano il sistema immunitario o modificano le cellule dell’immunità (in particolare i linfociti, come avviene nelle terapie Car T) per renderle più attive nei confronti del tumore. La ricerca in questo senso si sta occupando di individuare come il sistema immunitario di ogni paziente può essere in grado di rispondere a questi nuovi farmaci e come si possa migliorare la risposta a queste terapie.
Quali sono le sfide maggiori che la Commissione dovrà affrontare nei prossimi anni?
Molte sono le sfide da affrontare in questi anni: la Commissione è fatta di individui che hanno competenze differenti e hanno dimostrato di produrre buoni risultati scientifici come singoli. La grande sfida è quella di lavorare come gruppo, mettendo insieme le competenze di diversi laboratori e diverse figure professionali (medici, biologi, biotecnologi, farmacologi, informatici, matematici, …) per raggiungere risultati più ambiziosi.
L’obiettivo è inoltre quello di sviluppare anche nuove competenze nel campo mutazionale, di espressione genica, farmacogenomico (ossia come la variabilità individuale possa contribuire alla risposta ai diversi farmaci), immunologico, microbiologico (intrigante è ad esempio l’influenza che i microbi che abitano solitamente nel nostro nel nostro organismo possono avere nell’insorgenza dei linfomi e nella risposta alle terapie).
Infine, non va dimenticata la sfida della medicina personalizzata: la conoscenza delle caratteristiche biologiche del tumore ha infatti l’obiettivo di individuare per ogni paziente la terapia migliore, più efficace e meno tossica.
La Commissione Studi Biologici per sua natura è trasversale: negli ultimi anni la collaborazione con alcune Commissioni cliniche è stata molto produttiva (per esempio con le Commissioni Linfomi Aggressivi e Indolenti), mentre con altre i rapporti sono stati meno intensi, proprio per questo ci siamo posti l’obiettivo di rafforzare lo scambio di idee con tutte le Commissioni FIL, al fine di essere reciprocamente utili mettendo a disposizione le proprie conoscenze per progetti di ricerca comuni. Lo stesso si può dire per la Commissione Patologi, che ha competenze diverse e complementari alle nostre: negli ultimi mesi le discussioni con i Colleghi patologi si sono intensificate, nell’ottica di un lavoro sinergico che possa completare il quadro e la missione della Commissione Studi Biologici.
Altro punto importante sono i finanziamenti: i costi della ricerca purtroppo sono sostenuti solo marginalmente dallo Stato. In realtà, per portare avanti gli studi e retribuire il personale che spesso è precario, c’è bisogno di finanziamenti esterni: non solo da parte di case farmaceutiche ma anche e soprattutto di enti no profit; negli ultimi anni in effetti abbiamo partecipato a molti bandi nazionali e internazionali, raccogliendo anche alcuni successi. Non meno importanti sono i finanziamenti da donatori privati, a cui bisogna ambire se si vuole concretizzare le proprie idee di ricerca.
Per la Commissione è inoltre importante il rapporto con gli aspetti etici che stanno alla base della ricerca. Le nuove normative sulla privacy ad esempio hanno complicato il nostro percorso da un punto di vista burocratico; per fare in modo che questi aspetti delicati non diventino un limite per la ricerca bisogna munirsi anche di competenze legali e normative, al fine di condurre il nostro compito al meglio, in tempi ragionevoli e nel pieno rispetto delle leggi vigenti.
Qual è il suo legame con la FIL?
Il mio legame è presente da diversi anni, la FIL è luogo di scambio e condivisione e mi ha fatto conoscere molte persone che mi hanno permesso di crescere e anche di fare proposte e realizzare progetti che prima erano difficilmente immaginabili. Ringrazio le persone che hanno creduto in me e alla stessa maniera mi piacerebbe essere da stimolo per giovani ricercatori nel prossimo futuro.
Un altro elemento importante della Fondazione è quello di avviare importanti relazioni internazionali, fare parte di un network di questo tipo mi ha dato la possibilità di presentarmi in contesti prestigiosi non come singolo ma come rappresentante di un gruppo di ricerca di rilievo a livello nazionale.
Può raccontarci qualcosa di lei?
Sono ricercatore presso l’Università di Torino, sto portando avanti la carriera accademica sui linfomi e la ricerca traslazionale, anche grazie alla FIL spero di continuare e rendere la mia avventura sempre più indipendente cercando di realizzare molte delle mie idee scientifiche.
Da un punto di vista personale, amo la montagna, sia in estate che in inverno, pratico lo scialpinismo con determinazione, sono appassionato di cucina e di vino, nonché di letteratura, teatro e musica classica.